PASSIONE D'AMORE
E sempre penso a te, vaga fanciulla,
E pur gemo per te, ma tu sei ingrata;
Se te non amo la mia vita è nulla,
Amandoti sarà d'amor cullata...
E tu, fanciulla cara, esiti ancora
D'arrenderti sommessa al tuo poeta,
Il qual de le bellezze s'innamora
E t'ama d'un amor che non ha meta.
Oh, sì!..baciar vorrei con puro affetto
Le tue morbide trecce inanelate
Che sparse su l'eburneo tuo petto,
Ispirano dolcezze mai provate!...
Ma tu non m'ami, no, tu sei crudele;
Perchè la tua beltà da me sì fugge?
Oh! esser più benigna, più fedele
Alfin potresti a chi per te si strugge!
ALL'AMATA
Luccican gli occhi tuoi com'una stella
Fulgida ne l'immenso ciel turchino,
Mentre il tuo crin volubile la bella
Fronte adorna e 'l collo alabastrino.
Essi sembra mi parlin tal favella
Di amor, quand'io li miro da vicino,
Che sento in core, o dolce mia donzella
Tutto l'affetto tuo casto e divino.
Pur ne la notte placida e silente,
quando tra i monti sorge la pia luna,
In sogno a me tu appari dolcemente
Stretta al mio fianco, radiante in viso,
Fra i palpiti d'amor, mia fata bruna,
Che gioie fan provar di paradiso.
1912
AI FIORI
Splendide gemme de l'april ridente,
Voi, ch'avido il bel capo sollevate,
Stillante di rugiada, al bacio ardente
Del novo sole; o rose imbalsamate,
Leggiadre mammolette, che sovente
Tra l'erba molle e fresca vi celate,
E l'aura feconda dolcemente
Co' vostri puri olezzi carezzate;
Venite, deh! venite su 'l mio petto:
Voi siete i messaggeri de l'amore,
Che fervido, gentil, profondo e schietto
In me s'apprende. Oh, com'è grato al core
Goder con voi la vita in un affetto,
Che sempre va crescendo e mai non more!
1913
LA NOTTE SOLITARIA
Quale fantasma orribile
Ch'asconda al guardo umano
Abissi immensi, arcano
E cieco etreo vel,
Che su la terra placida
Ti spieghi lentamente,
Recando a me sovente
Nel sangue eterno gel;
Tal tu m'appari, e trepido
Il cor languisce e pena,
O notte, che serena
Pur ti mostravi un dì.
O notte, che di palpiti
Inondi la mia vita,
E l'alma inaridita
Che amore mi ferì.
Non più quegl'ineffabili
Sogni, armonie divine,
Ma tra pungenti spine
Or giace il mio pensier.
O notte solitaria,
In cui trascorro l'ore
Lontano da l'amore,
Lontano dal piacer;
Deh! fa' che alfin sorridere
Io possa a lei daccanto,
E sciogliere l'incanto
Del duro mio sopor!...
Di mille stelle tremule
Fa' che risplenda il cielo,
Che la pia luna il velo
Scopra del suo candor;
E che la cara immagine
De la fanciulla mia
Di gran conforto sia
Al tetro mio dolor!...
1913
AUTUNNO
Il cielo è fosco e l'aria è fredda, e 'l vento
Mormora sordamente a la campagna,
Che brulla e solitaria si bagna
De la novella pioggia. A cento a cento
Cadon le foglie giù; su la montagna
La prima neve appare; e ognuno a stento
Trascina a notte il passo incerto e lento
Ne la deserta via, che l'accompagna
Insino a casa. E dorme la natura
Spogliata, dorme il sonno più profondo:
Non più il sorriso amabile e giocondo
Del mite sol d'aprile, ma la scura
E densa nebbia avvolge tetramente
L'umida terra gelida e languente.
1915
IL PRIMO BACIO...
...Io la raggiunsi. Ell'era, come Dea,
Di freschi fiori cinta ne l'aprile
Che novo e mite a la terra ridea,
Mentre 'l suo volto roseo e gentile
Fulgor di paradiso a me parea.
Tra' campi sola, schiusa ormai 'l sottile
Labbro al sorriso, forte 'l cor battea,
In vederla, nel petto mio virile.
Allor, cedendo al fascino giocondo,
Con gran desìo d'amor mi vi accostai;
Soavemente accanto abbandonato
Su l'erbe verdeggianti, sitibondo
De' baci suoi ne gli occhi la guardai:
Ma...nel baciarla, mi son già svegliato!...
PERCHE'?...
Perchè, ditemi, appena m'avvicino
Al vostro bell'aspetto, voi solete
Voltarvi d'altra parte, e pian pianino
In altro loco presto via correte?...
Allor, cogli occhi spenti, il capo chino,
Penso d'un tempo a le serate liete,
E nel dolor compiango il mio destino;
Perchè così crudel ver'me voi siete?...
Oh, s'io sapessi che più non m'amate,
In un tramonto mesto alfin morire
Vorrei; de la mia vita ognor cessate
Sarebber le speranze, ogni soffrire,
Tutto! M ano, ahimè! non mi lasciate
In preda a questo atroce mio martire.
INFANZIA
Nacqui vicino al glauco mar Tirreno,
Là, dove fresca e pura da la sponda
Giunge la brezza sul fiorente seno
D'una collina calabra, che inonda
Di pace l'alma. Asil mi fu sereno
Modesto tetto ignoto a me, che l'onda
De le vicende, in questo piano ameno,
Condusse infante, da la messe bionda.
E qui veloce crebbi; ed or m'è grato
Il rievocar l'infanzia, e la paterna
Cura, e 'l sorriso della madre mia.
In quell'età innocente a me il creato
Lieto e tranquillo si mostrava; oh eterna
Fragante e affettuosa poesia!
1915
Luigi Morizzi